Abbiamo ripetuto più volte di essere profondamente convinti che la salute, quella di Steve Jobs come di chiunque altro, sia un affare fondamentalmente privato, e la privacy sia uno dei diritti fondamentali della persona.
Ciò non toglie che, a volte, la posizione lavorativa imponga alcune deroghe all’assunto precedente: la legge americana – un sistema legale decisamente orientato alla trasparenza del business – prevede che il consiglio di amministrazione di una azienda quotata a Wall Street non possa nascondere o fornire false informazioni che potrebbero influire sull’andamento della società.
Anche in Italia abbiamo una norma simile, l’articolo 501 del codice penale che disciplina l’aggiotaggio: nel nostro sistema, tuttavia, viene previsto il fine, ovvero viene punita la “diffusione di notizie false, esagerate o tendenziose al fine di turbare il mercato interno dei valori o delle merci“.
E’ in questa ottica che deve essere letta la grande cautela dei vertici di Cupertino nel trattare lo stato di salute del suo CEO: la necessità di rispettare con zelo la legge – Apple è un’azienda sorvegliata speciale da parte della SEC, fin dallo scandalo delle stock-option – unita al comprensibile desiderio di non penalizzare eccessivamente il titolo AAPL hanno rappresentato le priorità assolute.
L’effetto della strategia di Apple non è stato quello sperato: la solita mania di segretezza che imperversa a Cupertino, l’iniziale impressione di sottovalutazione del problema e la repentina retromarcia delle ultime settimane hanno sortito l’effetto contrario. Le speculazioni si sono infatti intensificate invece che attenuarsi, ed il titolo azionario sta subendo una fortissima contrazione, spinto da una montante sfiducia degli investitori.
Un approccio più razionale, improntato su una chiara e tempestiva esposizione dello stato di salute di Jobs, avrebbe probabilmente permesso ad Apple maggiore serenità: l’attenzione si sarebbe rapidamente spostata verso temi più strettamente legati al business (il 2008 è stato un anno record per Cupertino).
Una delle leggi basilari della comunicazione dice, infatti, che una smentita non cancella la notizia originale, anzi la rafforza: questo è stato l’errore strategico compiuto, cui sarà molto complicato rimediare.
Il problema, a questo punto, è lontano dall’essere risolto: quest’ultima missiva di Steve Jobs non sopirà affatto le speculazioni, ma concederà all’argomento di tenere banco fino al ristabilirsi delle sue condizioni di salute, ed al ritorno del fondatore all’attività di CEO a tempo pieno.
In questa fase, si sia investitori, osservatori o semplici macuser, sarà importante saper filtrare accuratamente le notizie che appariranno di volta in volta, in modo da non farsi stritolare da un gioco, squilibrio ormonale o tumore, che oltre ad essere umanamente cinico e di cattivo gusto, è fondamentalmente fuorviante.
Non si può negare che l’identità tra l’azienda ed il suo fondatore sia forte, anzi fortissima, ma non si può non riconoscere che, immagine a parte, Apple sia oggi una realtà molto più organica e complessa.
La Apple del 2008 non è quella del 1997, che con tutta probabilità non avrebbe retto ad un evento di questo tipo: l’azienda è oggi una delle multinazionali di maggiore prestigio, influenza e potenza nello scenario dell’IT.
La Apple del 2008 non è fatta solo da Steve Jobs, ma da uno staff di professionisti che ha già dato prova del proprio valore.
Dunque se quella di una rapida e totale guarigione di Jobs è una speranza, un augurio che tutti facciamo ad una delle persone che ha giocato e gioca tuttora un ruolo fondamentale nel mondo dell’IT – il nostro mondo – il fatto che Apple sia in grado di far fronte alle sfide del mercato anche senza il suo CEO è, anzi, deve essere una certezza.
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Il trattamento riservato, soprattutto dalla stampa italiana delle grandi testate, a questa notizia – più gossip che cronaca, purtroppo – è stato il motivo ispiratore di questo piccolo corsivo.
La volontà è quella, come indicato nel titolo, di fare un po’ di chiarezza: una distinzione – tra privato e business – che troppo spesso si dimentica di operare.
Tutte le aziende, anche le più grandi, sono fatte da persone: l’identità di una azienda può essere riconosciuta in una persona, ma quella di una persona non può essere limitata ad una azienda…
NDR