Due studi paralleli e indipendenti avevano ipotizzato che Apple Watch e i suoi omologhi potessero tornare utili nella lotta alla pandemia. Ora invece ne abbiamo la certezza scientifica: Monitorando continuamente il battito cardiaco, infatti, gli smartwatch possono identificare i segni iniziali di un’infezione da Covid-19, e indirizzare verso una diagnosi precisa con una settimana di anticipo rispetto alla comparsa dei primi sintomi clinici.
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“Warrior Watch Study”
Lo studio della Mount Sinai è stato condotto lavorando sui dati degli Apple Watch dei loro 300 dipendenti (Apple non è stata coinvolta); a tutti i partecipanti è stato richiesto di compilare un sommario giornaliero per diversi mesi, da aprile a settembre 2020, e di fornire un feedback su potenziali sintomi coronavirus e altri fattori, incluso lo stress.
Il “Warrior Watch Study” non è stato soltanto “in grado di prevedere le infezioni con un una settimana di anticipo rispetto alle diagnosi confermate, ma ha anche rivelato che i pattern HRV dei partecipanti si normalizzava molto presto dopo la diagnosi, ritornando a valori grossomodo normali dopo una-due settimane dalla positività conclamata.”
Col termine HRV si intende il concetto medico di “Variabilità della Frequenza Cardiaca”, di cui parliamo qui di seguito.
HRV, Variabilità Frequenza Cardiaca
Come noto, la frequenza cardiaca non è costante, e il tempo che trascorre tra un battito ed il successivo varia in base a una gran quantità di fattori. In generale, una Variabilità della Frequenza Cardiaca (HRV) elevata è sinonimo di un Sistema Nervoso Autonomo in salute, attivo e capace di adattarsi agli stress ambientali. I malati di Covid-19, invece, hanno di solito un HRV meno resiliente.
Sulla scia di queste osservazioni, i ricercatori del Mount Sinai Health System di New York hanno fatto una scoperta piuttosto interessante. Scrive CBS News:
“I ricercatori del Mount Sinai hanno scoperto che che Apple Watch può individuare piccoli cambiamenti nel battito cardiaco delle persone, il che può indicare che il soggetto abbia contratto il Coronavirus, fino a 7 giorni prima che si senta male o che l’infezione venga rilevata dai tamponi […]. Nello specifico, lo studio ha analizzato una metrica chiamata Variabilità della Frequenza Cardiaca -la variazione del tempo che passa tra un battito e l’altro- che tra l’altro misura anche il grado di funzionamento del sistema immunitario.”
E ancora:
“Sapevamo già che marker come la Variabilità della Frequenza Cardiaca cambiano durante i processo infiammatori nel corpo, e il Covid è un evento estremamente infiammatorio. Questa lettura ci consente di capire se le persone sono state infettate prima che se ne possano accorgere.”
L’Altro Studio
Un altro studio, questa volta della Stanford University, rivela invece che l’81% dei pazienti Coronavirus sperimenta un cambiamento nel battito cardiaco a riposo fino a 9,5 giorni prima della manifestazione dei primi sintomi. Un aumento del battito a risposo rispetto ai valori medi passati, in altre parole, potrebbe voler indicare una possibile infezione da Covid-19.
Ed è ovvio che da solo Apple Watch da solo non possa effettuare una diagnosi certa, anche perché 1. Non ci sono abbastanza smartwatch in circolazione e 2. c’è un numero enorme di altre condizioni e patologie che possono produrre lo stesso effetto. Ciononostante, l’informazione è utile di questi tempi perché potrebbe spingere le persone ad auto-isolarsi a scopo preventivo, evitare contatti con le persone care e magari prenotarsi un bel tampone non appena possibile.
“Tutti questi studi,” ha chiosato Rob Hirten dell’Icahn School of Medicine presso il Mount Sinai, “hanno segnato un punto di svolta, aiutandoci a capire il ruolo che i marker delle funzioni fisiologiche raccolte dai dispositivi smart possono avere nell’identificazione di certe condizioni e malattie, in modo non-invasivo. Presi singolarmente hanno delle limitazioni, ma insieme si completano a vicenda.”
La speranza è di creare un sistema ragionevolmente affidabile di diagnostica non invasiva che può aiutare a contenere e impedire la diffusione di Covid-19 prima che si verifichi, e in ultima istanza di studiare gli effetti del virus sugli operatori sanitari e l’impatto sul loro lavoro.
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