A Cupertino esiste un programma di ricerca e training dei dipendenti messo a punto al tempo da Steve Jobs e dal vice presidente delle Risorse Umane della società Joel Podolny, ribattezzato “Apple University.” Si tratta di un protocollo riservato con tanto di insegnanti provenienti da Yale, Harvard, Stanford e M.I.T., e della durata di un anno. Lo rivela un recente articolo del New York Times.
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I corsi si tengono in classi trapezoidali “molto ben illuminate” nel Campus in California, con sedute alte per permettere agli studenti di vedere distintamente il docente. Gli interessati si possono iscrivere su un sito specifico nella LAN aziendale, e tra i vari percorsi di studio ne esistono alcuni dedicati alla storia di Apple e agli snodi fondamentali nelle sue vicende. Per esempio, com’è arrivato Steve Jobs a decidere di introdurre una versione di iPod e iTunes compatibili con Windows nonostante la sua totale indisponibilità ad accettare la cosa, ed esistono perfino speciali seminari destinati ai fondatori delle società acquisite:
Un corso insegnava ai fondatori delle società acquisite recentemente come fondersi in modo armonico con le risorse e i talenti di Apple. Una società può offrire un corso specificamente pensato per gli impiegati di Beats, magari includendo i suoi fondatori, Dr. Dre and Jimmy Iovine. Né Apple né Beats tuttavia hanno voluto rilasciare dichiarazioni.
C’è un altro corso intitolato “La comunicazione in Apple” ideato nientemeno che dal responsabile della Pixar University Randy Nelson, e focalizzato sulla capacità di trasmettere agli altri idee e prodotti. E per spiegare la propria Visione, i docenti ricorrono nientemeno che a Picasso:
In una classe tenuta da Nelson veniva mostrato “Il toro,” una serie di 11 litografie di un toro che Picasso aveva creato in un mese a partire dal 1945. Negli stadi iniziali, il toro ha un muso, spalle, stinchi e zoccoli, ma nel corso delle varie iterazioni, tutti quei dettagli svaniscono. L’ultima immagine è costituita di linee curve che tuttavia descrivono ancora indubitabilmente un toro.
“Attraverso la iterazioni, si può consegnare un messaggio in modo molto conciso, e questo è ciò è molto vero per Apple ed esiste in tutto ciò che facciamo.”
C’è perfino un corso un tantino autoreferenziale intitolato “Ciò che rende Apple Apple” sui canoni di design, precisione e minimalismo che caratterizza la comunicazione e la creazione hardware/software della società. E per spiegare questo concetto, quale migliore esempio di un telecomando di Apple TV coi suoi tre pulsanti paragonato con l’omologo da 68 pulsanti di Google TV? Lì, l’errore primigenio è uno: i designer “hanno ottenuto tutto quel che volevano,” ma il design non è soltanto saper scegliere quali funzionalità finiscono nel prodotto; è soprattutto decidere quali non ci andranno.
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