Non lasciatevi trarre in inganno dal titolo e dalla copertina. Mela marcia, la mutazione genetica di Apple non è solo un libro contro Apple, ma, come si legge nell’autoproclamata “prefaziosa”, un atto d’accusa contro tutte le multinazionali e corporation che sempre più spesso vengono attratte dal lato oscuro del business.
Scritto da diversi autori, Mela marcia, ripercorre la storia di Apple dalle origini fino ai giorni nostri, ovvero fino allo “scandalo” dell’antenna gate, raccontando con dovizia di particolari e talvolta in modo volutamente fazioso, la trasformazione di Apple da piccola startup a grande multinazionale, intrecciando la lunga storia della Mela con il movimento della Free Software Foundation e la nascita di colossi della rete come Google e Facebook.
Il trattato è esplicitamente schierato dalla parte della libertà di espressione e della libera condivisione del sapere, intesa sia in senso tecnologico, con l’apertura del codice e dei progetti alla comunità open source, sia come libera circolazione delle idee, affrontando anche il tema della crisi dell’editoria tradizionale e la nascita di nuove forme di giornalismo che sfruttano le potenzialità offerte dalla rete.
Il libro inizia dalla recente vicenda di Gizmodo che pubblica in anteprima le foto del nuovo iPhone 4, acquistato da una persona che sostiene di averlo ritrovato in un bar cercando invano di restituirlo al legittimo proprietario e ad Apple. La vicenda è sicuramente l’apice del cortocircuito mediatico che contrappone la libertà di stampa contro la riservatezza dei segreti industriali di una multinazionale del calibro di Apple, il cui marketing sfrutta sapientemente entrambi gli elementi per far scoccare in modo pilotato la scintilla per il lancio di un nuovo prodotto, come la candela di un motore fa detonare al momento giusto la miscela esplosiva.
Lo scoop di Gizmodo provoca un fuori giri imprevisto nell’oliata macchina del marketing Apple e mette in luce l’influenza che una multinazionale di questo calibro ha sulla giurisdizione americana che arriva a compiere un abuso intimidatorio verso Jason Chen, il blogger di Gizmodo in possesso dell’iPhone 4, sequestrando nella sua abitazione tutto il materiale ed i dispositivi informatici di cui dispone, per giunta in sua assenza.
Ma la storia di Apple ha origini lontane, parte agli inizi degli anni ’70 quando Steve Wozniak frequenta l’HCC, quello che si può definire uno dei primissimi gruppi di hacker, persone animate dalla volontà di modificare le “macchine” per far loro eseguire compiti diversi da quelli per i quali erano state progettate, in uno sforzo di collaborazione collettiva, in cui le idee si alimentano dal confronto aperto con gli altri membri della comunità, a cui si chiedono consigli e si presentano i risultati ottenuti. Qualche anno dopo Wozniak sarà convinto dalle doti persuasive di Jobs ad abbandonare un posto di lavoro sicuro in HP e fondare la Apple per trasformare suo malgrado una passione in una professione.
Questo capitolo merita da solo la lettura di Mela marcia, la storia è nota agli appassionati, ma è rivista in una chiave di lettura in cui emergono chiaramente la diverse personalità e capacità dei due Steve che fondarono la Apple. Ognuno dei due ha avuto meriti diversi. La Apple di oggi senza Woz è distante anni luce da quella degli albori, ma i tempi sono cambiati, i computer non sono più relegati ai geek, sono oggetti comuni, nelle tasche di tutte le persone che possiedono uno smartphone. Rimpiangere quei tempi e quelle aperture può andar bene per noi geek, ma è anacronistico per una multinazionale che vende milioni di iPhone a persone che non hanno una conoscenza tecnica del computer ed hanno bisogno di utilizzare in modo semplice e sicuro questi piccoli dispositivi tascabili.
Il capitolo relativo all’antenna gate spiega invece come quella che poteva essere la buccia di banana, che avrebbe fatto scivolare qualunque azienda senza farla più rialzare, ha invece mostrato come il marketing di Apple possa usare qualsiasi mezzo per difendere i propri prodotti, compreso tirare in ballo la concorrenza, per smontare il caso, ma anche la battaglia vinta dalla stampa libera come Gizmodo, che aveva dato voce alle lamentele degli utenti dell’iPhone 4, chiedendo ed ottenendo da Apple il più semplice degli atti riparatori, un bumper gratuito, per risolvere con pochi centesimi di gomma un problema che avrebbe comportato per Apple il rimborso di milioni di esemplari a costi stratosferici.
È qui che si innesta la storia della crisi dell’editoria tradizionale, dei giornali su carta stampata sempre meno letti e delle nuove tecnologie che forse possono risollevare le sorti dei periodici e dei quotidiani. Qui si percepisce il timore degli autori per le nuove modalità di comunicazione che polverizzano l’informazione grazie a nuovi canali, come i blog, rimettendo in discussione la professione del giornalista e le modalità di produzione dei contenuti sul web che privilegiano le notizie che attirano click e quindi maggiori introiti pubblicitari. Si citano i pochi casi di successo in cui si cerca di far pagare i lettori per ciò che leggono sul web.
Dopo una serie di spunti molto interessanti, il libro degenera alla fine quando parla del “bidone dell’iPad” il capitolo peggiore di tutto il libro insieme a quello che pretende di legare direttamente Apple ai suicidi avvenuti alla Foxcon che produce i dispositivi Apple di maggior successo. La critica all’iPad è completamente fuori luogo, a chi come il sottoscritto lo utilizza tutti i giorni, anche per scrivere questa recensione in treno, sembra che l’autore della filippica non l’abbia nemmeno mai provato, ma si sia basato su una serie di luoghi comuni.
Nel libro viene criticata Apple, perché smussa gli angoli, crea sistemi chiusi per semplificare tutto, oppure crea bisogni indotti, con dispositivi “inutili” come l’iPad. Ma la limitazione è solo apparente esistono più applicazioni che liberano le potenzialità dei dispositivi Apple di quanto si possa immaginare e la storia dimostra che Apple costruisce steccati, è vero, ma più il dispositivo e l’esperienza nel dominarlo si rafforzano e più il recinto viene allargato, fino a renderlo invisibile alla maggior parte degli utenti, ma non ai geek.
In definitiva il libro merita di essere letto soprattutto dai nostri lettori che spesso si dividono sulle scelte operate da Apple, ma anche per approfondire aspetti che vanno al di la delle strategie aziendali della Mela e che hanno implicazioni ben più profonde nella nostra vita quotidiana in questo mondo digitale.
Mela marcia lo potete scaricare in formato pdf o ePub dal relativo blog che gli autori hanno creato per dare un seguito a quest’opera.
L’unico dubbio è che anche in questo caso il marketing Apple pare abbia vinto, parlatene bene, parlatene male, purché se ne parli.