È tra le pubblicità più celebri e influenti di sempre, nonostante abbia quasi quarant’anni sulle spalle. Stiamo parlando di “1984”, spot realizzato in occasione del lancio del primo Macintosh di Apple e trasmesso per la prima volta durante il terzo quarto del Super Bowl 1984. Sessantatre iconici secondi (circa), su cui c’è la firma del quattro volte candidato Premio Oscar Ridley Scott.
Il regista de Il Gladiatore, Thelma & Louise e Blade Runner (per citare solo alcuni esempi), a distanza di 38 anni, è tornato sullo spot e ha raccontato ai microfoni di The Hollywood Reporter un curioso retroscena. Inizialmente pensava erroneamente di doverlo realizzare per i Beatles, un fraintendimento dovuto al nome della casa discografica della band di Liverpool. Apple, appunto.
L’agenzia pubblicitaria [Chiat/Day] mi disse “no, no, no, Apple è questo ragazzo di nome Steve Jobs”.
La risposta di Scott, a leggerla oggi, strappa un sorriso:
Io dissi, “e chi ca**o è Steve Jobs?!”
Tralasciando il fatto di non conoscere il co-fondatore di Apple e i prodotti dell’azienda, il noto regista ha rivelato che al tempo rimase molto colpito dallo script dello spot:
Mio Dio. Non dicevano nulla del prodotto, non lo mostravano. Non spiegavano nemmeno come funzionava. Si trattava di advertising come forma d’arte. Ed era incredibilmente efficace.
Il 1984 di Ridley Scott
Il messaggio alla base di “1984”, con evidenti richiami all’omonimo romanzo di George Orwell, è abbastanza chiaro.
Apple, in questo caso impersonificata dalla donna vestita con abbigliamento sportivo e che impugna un martello, è l’azienda innovatrice e anticonformista che pone fine ad un regime dittatoriale. Il dittatore in questione è IBM, al tempo leader del mercato informatico.
Il 24 gennaio Apple Computer presenterà il Macintosh. E vedrete perché il 1984 non sarà come “1984”.