Le applicazioni per iPhone cadono come pere cotte davanti al grand jury dell’App Store, ormai è risaputo. La ghigliottina selettiva ha mietuto come sua ultima vittima Ninjawords, un dizionario per iPhone (link app store): 2 mesi per l’approvazione, 3 rifiuti e (cosa che ha dell’incredibile) l’applicazione è ora disponibile all’acquisto come contenuto 17+ ed epurata dagli objectionable content i quali, trattandosi di un dizionario, non sono altro che parolacce come “fuck”, “ass”, “cunt”, “snatch”, “pussy”, “cock”, “screw” .
Se a quest’ultimo episodio affianchiamo gli altri riguardanti rifiuti stravaganti, cosa otteniamo? Un sentimento di malumore che sta prendendo piede in molti possessori di iPhone statunitensi. Le critiche sopraggiungono sia da sviluppatori che dai cosiddetti guru dei media, e riguardano il controllo che Apple sta attuando nei confronti della piattaforma iPhone e di tutto il suo environment: Steven Frank, di Panic, ha dichiarato di essere stanco dell’ecosistema che ruota attorno all’iPhone:
The iPhone ecosystem is toxic, and I can’t participate any more until it is fixed. As people have told me so many times: It’s Apple’s ballgame, and Apple gets to make the rules, and if I don’t like it, I can leave. So, I don’t like it, and I’m leaving.
OmMalik, di GigaOm, annunciò lo scorso febbraio di voler abbandonare anch’egli l’utilizzo di iPhone a causa dei continui problemi in cui incappava e, non secondariamente, a causa dei disservizi e limiti imposti da At&t, unico carrier telefonico per gli states per iPhone.
Segue poi l’abbandono di Mike Arrington, il quale ha dichiarato di propendere per l’utilizzo futuro del Palm Pre. La causa? La solita, lamentata già da altri, ovvero i limiti che l’accoppiata Apple e At&t stanno imponendo da diverso tempo ai possessori statunitensi di iPhone.
La questione in Europa è meno grave, almeno ad un primo sguardo, poiché nel Vecchio Continente l’iPhone è venduto anche scevro da contratti telefonici, nonostante i prezzi di vendita sembrano aver seguito nel nostro paese un cartello tra i principali carrier a danno dunque dell’acquirente finale.
Optare per lasciare il mondo dello sviluppo su iPhone OS, potrebbe impattarsi non soltanto su una grossa perdita in termini di fatturato per l’App Store (e quindi per Apple), ma anche in termini di popolarità e diffusione della piattaforma di sviluppo tra gli addetti ai lavori. Se gli sviluppatori, ormai esausti per i continui rifiuti a causa di “objectional content” o per “funzioni duplicate”, abbandonassero iPhone OS per dedicarsi a WebOS ed Android, per Apple significherebbe ritrovarsi con molte meno risorse dedicate allo sviluppo su futuri prodotti che monteranno iPhone OS, siano essi netbook o tablet.
La bolla potrebbe scoppiare prima di quanto si possa pensare, visto che il rifiuto di Google Voice e quello che c’è dietro sta facendo innervosire molti. Apple, dal canto suo, non ha mai mostrato un cambio di direzione, continuando a mantenere la sua linea caratterizzata dal controllo e attuata nei confronti della piattaforma iPhone, la quale già di per sé risulta chiusa.
Il desiderio di controllo sembra ora svelare la sua controparte limitante, ovvero il sentimento di oppressione e di mancanza di libertà. In questa gabbia dorata edificata da Apple, l’aria sta per finire e gli sviluppatori, per continuare a viverci dentro, stanno perdendo le proprie forze.