La promessa di TSMC di accelerare la produzione di chip Apple “Made in USA” rappresenta una svolta strategica che potrebbe ridefinire la competitività globale del settore. L’azienda taiwanese ha intensificato i suoi sforzi per costruire impianti di semiconduttori negli Stati Uniti, un’iniziativa supportata anche dal CHIPS Act, con l’obiettivo di stimolare la produzione locale e ridurre la dipendenza da Taiwan. Tuttavia, il percorso non è privo di ostacoli.
Il primo stabilimento in Arizona, inizialmente previsto per il 2023, ha subito ritardi significativi, posticipando la produzione al 2024 e limitandosi a chip con processo più grande, come l’A16, utilizzato in modelli di iPhone meno recenti. Nonostante l’annuncio di un investimento di 100 miliardi di dollari e piani ambiziosi per fabbriche a 3 nm entro il 2028 e a 2 nm prima del 2030, il divario tecnologico con gli stabilimenti di Taiwan resta evidente.
Le critiche non sono mancate. L’ex CEO di Intel, Pat Gelsinger, ha sottolineato come l’assenza di un ecosistema robusto di ricerca e sviluppo negli Stati Uniti rappresenti un ostacolo cruciale. “Senza R&D negli Stati Uniti, non si avrà una leadership nel settore”, ha dichiarato, evidenziando che l’innovazione di TSMC rimane saldamente radicata a Taiwan. Questo limita le possibilità di trasferire le attività di ricerca negli USA, lasciando Taiwan come fulcro dell’innovazione tecnologica e della riservatezza industriale.
Nonostante l’ottimismo degli investitori e il supporto del CHIPS Act, la sfida per gli Stati Uniti è costruire un ecosistema che integri infrastrutture e innovazione. La produzione di chip all’avanguardia richiede più di semplici impianti: serve una rete di competenze, fornitori e ricerca che al momento risulta carente. Sarà sufficiente l’impegno di TSMC e gli incentivi governativi per colmare questo gap? La risposta potrebbe determinare il futuro della produzione tecnologica avanzata negli Stati Uniti.